Alessandro
Passo dopo passo puoi arrivare ovunque: realizza i tuoi sogni.
Negli anni della “Milano da bere” ero un ragazzo di famiglia benestante.
È stato un attimo essere affascinato dalla bella vita, passare da una festa all’altra e scambiare il giorno con la notte.
Ben presto ho abbandonato gli studi.
Non ho fatto un uso costante di sostanze, ma ho provato tutto quello che c’era all’epoca, vivendo sradicato dalla realtà.
È andata così per qualche anno, poi, per fortuna, mi sono stufato.
Ho deciso io di andare in comunità. Fra quelle proposte dal SERT ho scelto AISE perché negli anni ’90 si trovava a Pontida, località a me cara vicina a Bergamo.
L’ingresso è stato una doccia fredda.
Io, abituato a fare niente, sono stato messo in riga su tutto, a cominciare dalla sveglia al mattino alle 7.00.
Nessun ritardo era ammesso. Bastava scendere dal letto un minuto dopo e scattavano il confronto e la conseguenza.
Il programma psicodinamico era molto rigido.
Ho dovuto rispettare tante regole, per imparare a rispettare me stesso.
Ho vissuto per mesi con strette limitazioni (niente auto, moto, telefono, soldi, contatti
con i “vecchi amici”) per capire che cosa significa sentirsi davvero liberi.
Punto cardine del programma era il lavoro, sia in comunità sia fuori, quest’ultimo possibile nella fase di reinserimento.
Ai tempi, diversamente da oggi, era molto facile trovare un’occupazione presso qualche fabbrica e ditta nella zona di Bergamo.
Giordano, fondatore e presidente dell’AISE, ma soprattutto un padre per ognuno di noi, diceva: Se in 7 giorni non trovi lavoro, è perché non vuoi fare niente.
Io, che non avevo mai fatto un colloquio in vita mia, mi sono presentato a un’azienda di vernici, la Kinivar, che mi ha preso.
Il periodo trascorso a Pontida è stato fondamentale.
Sono stato educato alla vita, al rispetto di me stesso e degli altri, al lavoro.
Ho scoperto la mia forza, le mie debolezze e riscoperto le mie passioni: le moto, le api, il trekking, la vela.
Questi sono da anni i cardini del mio divertimento, benessere e anche del mio lavoro.
Nel 2006 mi sono sposato. Ho fatto l’apicoltore, ho viaggiato con mia moglie.
Anni dopo, purtroppo, la separazione e una grande crisi.
Mi sono risollevato a fatica, andando via dall’Italia e a vivere in Messico.
Ho fatto il fotografo, lavorando per conto di un’agenzia di viaggi a Playa del Carmen.
Nuovo Paese, nuovo lavoro, nuova vita, nuova relazione.
Poi, nuovi problemi.
La storia finisce, subisco un furto, ritorno in crisi, mi chiudo.
Ricado nella dipendenza, questa volta da alcol.
Capisco di farmi del male, ma da solo non riesco a uscirne. Devo farmi aiutare.
Chiamo Cristina.
15 anni dopo il mio ingresso a Pontida, entro a Caprile.
L’umiliazione brucia.
A ripensarci oggi, ho avuto il coraggio di ammettere la mia caduta e di riconoscere, ancora una volta, il mio bisogno di aiuto.
Dopo Caprile ho passato un periodo a Buscate in un appartamento di autonomia, prima come “utente” poi, terminato il mio percorso, come dipendente AISE incaricato di organizzare il tempo libero dei minori che stavano rendendosi autonomi.
Ho tanti bei ricordi di quei mesi. I ragazzi con me si sono davvero divertiti.
Li ho portati in moto, a ballare, ai concerti, al mare.
Conoscendo diverse lingue, fra le quali lo spagnolo, sono diventato il confidente dei giovani sudamericani e dei loro genitori.
Trascorsi due anni circa mi sono trasferito in Toscana, dove ho iniziato a lavorare come mediatore culturale per un centro di accoglienza profughi.
Adesso vivo a Lucca con la mia compagna Ivana.
Lavoro come coordinatore del personale per più centri profughi.
Ho tanti compiti, dal rapporto con i fornitori a quelli con le strutture pubbliche e la Prefettura.
Continuo a coltivare le mie passioni: moto, trekking, vela, api. Queste ultime sono al centro di un bel progetto, appena avviato.
Non sto mai fermo. È vero che non sono più un ragazzo né ho alcuna dipendenza, ma dentro di me risuonano sempre le parole di Giordano: “I ragazzi quando son fermi, ballano!”.