Alessandra
Affidati e lasciati andare.
Sono nata nel 1976.
Sono rinata nel 2011, a Caprile.
Prima di arrivare in comunità ho fatto di tutto per annientarmi.
Gli stupefacenti sono la via più breve per non sentire più nulla.
Per anni ho zittito il dolore che mi ha accompagnato sin da piccola, nata in una famiglia troppo difficile per una bambina.
Sono arrivata a Caprile dopo essere stata arrestata. Ringrazio ancora oggi chi l’ha fatto.
Una volta in carcere ho chiesto di poter andare nella stessa comunità in cui un mio amico, storico cocainomane, era “rifiorito”.
I primi mesi sono stati duri.
Ero depressa, con istinti suicidi, priva di autostima, rabbiosa, incapace di affrontare la realtà.
Vedevo tutti come nemici.
Odiavo me stessa e mi rendevo odiosa.
Ho provato tante volte a mollare, a chiedere di ritornare in carcere pur di non dover affrontare il dolore, i problemi e le paure durante le sedute individuali e di gruppo.
Invece sono riusciti a farmi restare, a farmi affrontare me stessa e la mia storia.
Mi hanno sempre dato fiducia.
Hanno creduto in me molto prima che ci riuscissi io.
Hanno dato a me e alla bambina che ero il calore, la comprensione, l’amore e il sostegno di una famiglia.
Piano piano mi sono aperta e ho lasciato andare gli antichi dolori.
Ho fatto pace con il mio passato.
Ho scoperto me stessa e, fra le mie risorse, anche la forza di perdonare.
Durante la mia rinascita ho ricominciato a lavorare.
Sono ripartita da una lavanderia che avevo a Milano. Grazie ai ragazzi di Caprile ho portato via tutti i macchinari e li ho rimessi a nuovo.
Oggi gestisco due lavanderie: quella della comunità, che si occupa del bucato di tutte le attività di AISE, e un’altra a Coggiola, La Solerte, presa e risollevata con l’aiuto della Cooperativa sociale.
Ho tanto da fare e di cui occuparmi, ma non sono sola.
Da mesi do lavoro alle ragazze della comunità di Caprile.
Dapprima faccio vedere come si lava ad acqua e a secco, come si stira, come si piegano i capi e si imbusta.
Cerco di valorizzare il talento di ognuna.
In ognuna di loro mi rivedo e mi rispecchio. Ci diamo tanto l’una con l’altra. Ci aiutiamo.
I clienti sono contenti.
Lo vedo dal sorriso, dalla fiducia che ci danno, dagli abbracci che ricevo quando porto i capi lavati e stirati a domicilio, dai manicaretti che le signore ci portano in negozio.
Che soddisfazione quando dicono: “Adesso questa giacca/camicia/maglia sembra nuova!” oppure “Nessuno l’aveva mai sistemato così bene!”.
Amo il mio lavoro. Lavare, smacchiare, stirare e piegare bene un capo è come prendermi cura della persona che lo indossa.
Fa tanto bene prendersi cura degli altri. E di se stessi.